Medicine alternative: una iattura per la sinistra (e non solo)


Riposto questo vecchio post del 2009 anche se mi farò molti nemici e farò arricciare il naso a molti amici. 

L’articolo contiene argomentazioni che oggi non ripeterei, ma in buona sostanza i concetti di fondo rimagono inalterati

di Franco Cilli

Come possano persone raziocinati credere nelle stravaganze e nelle assurdità delle cosiddette medicine alternative, è per me motivo di sorpresa ed anche di preoccupazione. Lo so, non dovrei sorprendermi, le spiegazioni ci sono, ma evidentemente il mio lobo limbico non si arrende e continua a produrre emozioni in risposta a stimoli stereotipati. Amici che conosco da una vita, medici, professionisti che lavorano col cervello, persone ragionevoli, credono che esista una “medicina alternativa”, cioè una scienza che la medicina ufficiale ripudia, oscura, mette all’angolo, ostacola scientemente per biechi motivi di profitto, censura o semplicemente ignora. Lo credono perché vogliono crederci. Per me è una sorta di dissociazione psicotica, di delirio: una parte del loro ego non è disposta ad accettare le evidenze della ragione, malgrado le infinite confutazioni che ridicolizzano le loro credenze. La cosa buffa è che ci credono per una sorta di dover essere, a scatola chiusa, senza neanche preoccuparsi di quale sia la materia del contendere, quella pratica deve essere buona. Punto. Se citi, ad esempio, il dottor Andrew Still e le sue bizzarre teorie, che hanno dato origine all’osteopatia, rimangono a bocca aperta. Andrew Still chi? Ti chiedono. Non conoscono né lui, né le sue teorie: anatomia, anatomia, e poi ancora anatomia (sembra di sentire Lenin)! La patologia che deriva da un’interruzione dell’integrità dell’organo, le manipolazioni, il movimento delle ossa craniche, hai presente? Boh! Nessuna reazione da parte dell’interlocutore fedele. Una mia carissima amica mi spiega pazientemente, con un sorriso di compatimento, che “loro”, gli osteopati, manipolano, ergo fanno qualcosa di pratico, non sono fantasie. Manipolano? E allora? Questa sarebbe una prova di efficacia? Chiunque è capace di manipolare. In base a questa logica i ceramisti ed i fornai sarebbero degli eccellenti terapeuti. Ma loro hanno studiato, e pure tanto! Studiato che?

Questo è il punto. Si può studiare qualcosa per secoli, ma ciò non significa che l’oggetto di studio sia una vera scienza, e che tale presunta scienza dia risultati concreti. Guardate la psicoanalisi. Bisogna provarlo. Non solo, ma le ipotesi di partenza, ciò che costituisce, diciamo così, la parte creativa della ricerca, devono essere anch’esse credibili: se ipotizzo che lo zinco può interferire in determinati meccanismi cellulari che portano poi allo sviluppasi del morbo di Alzheimer, faccio un’ipotesi fondata su una mole di studi precedenti che avvalorano la mia ipotesi di partenza e mi consentono di elaborare un progetto di studio e di ricerca, non dico una cosa campata per aria. Se ipotizzo invece, che un dato fiore, solo perchè assomiglia a un mio cugino grasso e un po’ allegrotto, sia in grado di risintonizzare la mia energia vitale con quella dell’universo, dico solo una patente assurdità (i fiori di Bach! Altra bella chicca).

L’idea in sé di “medicina alternativa” appare, a ben pensarci, alquanto balzana. Oggi medici cosiddetti allopatici e cosiddetti olistici, concordano sulla necessità di un superamento del concetto di “medicina alternativa”, in quanto, come è logico supporre, non esiste una “medicina alternativa”, almeno fino a quando non esisteranno “malattie alternative”. Esiste, si dice, una medicina efficace ed una non efficace, una medicina basata sulle evidenze ed una che poggia su basi poco solide. Vero, sebbene l’idea di una conoscenza alternativa, che si ponga al di fuori dei paradigmi della scienza ufficiale, permane. Questa idea ha radici lontane ed ha rappresentato in passato la necessità di tenere in vita una cultura ed una scienza, come quella tramandata attraverso lo gnosticismo prima ed il movimento delle streghe successivamente, che proclamavano una visione alternativa a quella totalizzante della chiesa ufficiale, decisa a recidere qualunque legame con forme di conoscenza tradizionale ancorate a retaggi precristiani. Secondo uno schema storico di sfida/risposta, il movimento alternativo delle streghe rappresenterebbe una sfida all’avanzare del cristianesimo ed alle sue pretese totalizzanti. Il temine “alternativo”, in relazione alle streghe, evoca quindi una reazione al dispotismo ed alla autorità che è apparso molto suggestivo in epoca recente, soprattutto se agli aspetti esoterici ed antiautoritari si mescolano forti elementi di libertà sessuale e di eguaglianza della donna.

Gli echi di questa cultura sono pervenuti nella nostra epoca, riproponendo in forme nuove la dinamica della sfida/risposta. Ma la società aperta di oggi non è quella della chiesa istituzionalizzata di ieri, e riproporre quella sfida tradotta in termini antiscientifici ed esoterici appare una totale assurdità. Seppure ci rappresentassimo come classe separata e contrapposta ad una classe dominante, sarebbe difficile considerarci estranei ad un sistema di produzione della scienza e del pensiero che ci pongano al di fuori della scienza e del sapere “istituzionale”. La “socializzazione” della produzione e del sapere ci rende tutti “complici” ad un certa maniera del sistema. La cultura alternativa diviene quindi una delle forme di produzione alternativa fra le tante, che non hanno alcun aggancio con la scienza vera e propria.

A questo punto, anche se non amo farlo, vista la mole di pubblicazioni in merito, è necessario parlare di omeopatia, esempio paradigmatico, per le persone razionali, dell’inconsistenza delle medicine alternative e della loto totale assenza di basi scientifiche. Conosciamo tutti (almeno spero), la storia del Dott. Hahnemann, il quale si convinse del principio divenuto famoso del similia similibus curantur dopo aver assunto ripetute volte dosi di Cinchona succirubra, la fonte del chinino, che gli aveva provocato sintomi quali: mani e piedi freddi, stanchezza e sonnolenza, ansia, tremore, prostrazione, mal di testa pulsante, arrossamento delle guance e sete, ma senza innalzamento della temperatura, una febbre senza febbre insomma. Quella che secondo alcuni, con ogni probabilità, non fu nient’altro che una reazione di natura allergica a detta pianta, divenne la fonte di ispirazione di una rivoluzione nel campo della medicina, rivoluzione che Hannemann stesso paragonò alla riforma protestante in campo religioso: per guarire una malattia bisogna creare una malattia artificiale che scacci la vera malattia.

Facciamo un breve riassunto. Forse risulterà pedante, considerato il numero di insigni giornalisti e studiosi che da anni ormai ci spiegano il significato delle diluizioni omeopatiche, ma un po’ di ripetizione non guasta. Il Prof Hahnemann era convinto, come abbiamo già accennato, che una quantità infinitesimale di quella stessa sostanza che provoca i sintomi nel sano, era in grado di curare quegli stessi sintomi nella persona malata. Le diluizioni centesimali per Hannemann, in base alla sua esperienza personale, rappresentavano la soluzione del problema. In pratica 1CH corrisponde ad un grammo di tintura madre diluita cento volte, 2CH ad una diluizione centesimale della prima diluizione, 3CH ad un ulteriore diluizione centesimale e così via, fino ad arrivare ad una diluizione di 30CH, una di quelle preferite da Hahnemann. Tradotto in numeri, 30 CH corrisponde ad 1 diviso 1 con 60 zeri. Qualcuno ha stimato che un grammo di sostanza iniziale a una diluizione centesimale di 30CH, finisce diluito ad un volume pari a 714 milioni di miliardi il volume del sole. Ai tempi di Hahnemann il principio di Avogadro formulato solo nel 1860 era sconosciuto (Hahnemann muore nel 1843). Tale principio stabilisce che una grammomecola o mole (peso molecolare espresso in grammi) contiene un numero fisso di molecole pari a 6,022×10²³. Una diluizione pari a 12CH non contiene praticamente neanche una molecola del composto originario e successive diluizioni non fanno che diluire una soluzione idroalcolica con altra soluzione idroalcolica. A questo punto sembrerebbe tutto risolto. Quella che poteva essere una teoria interessante per i tempi si rivela del tutto infondata alla prova dei fatti. Non è così semplice. Il motivo del persistere dell’omeopatia, come delle altre medicine alternative infatti non risiede nella loro validità comprovata e nemmeno nei loro fondamenti scientifici, il motivo risiede, come ho già detto, nel tasso di dissociazione psicotica presente nella popolazione di un società umana. Sappiamo benissimo che il delirio ha come principale caratteristica l’impermeabilità dei propri contenuti a qualsiasi confutazione, e nel momento in cui una tesi non è più sostenibile, il delirio permane ma in forme mutate. Ora sarebbe interessante fare una dissertazione sul significato di verità e sull’arbitrarietà del concetto di delirio, che non sarebbe altro che una convinzione non condivisa dalla maggioranza delle persone, ma bisogna ammettere che se la società è andati avanti nelle sue conquiste questo non è stato grazie alle paralogie del pensiero primitivo o al potere del pensiero magico e né all’evocazione di oscure divinità che animano il cielo durante i temporali o all’animismo che considerava la malattia un perturbazione dell’anima. Il progresso è avvenuto nel momento in cui si è affermato un procedimento empirico, un metodo di indagine della realtà e di ragionamento basato sulle evidenze dell’osservazione. Il delirio come pure il pensiero magico sono parte di una visione delle cose che misura la realtà di un fenomeno in base alla pura percezione soggettiva del vero e del falso.

Parlando di dati empirici, occorre sottolineare che il metodo non va confuso con la filosofia che da tale metodo trae origine, cioè con una visione del mondo che considera il dato empirico come elemento fondante della realtà e come criterio atto a raggiungere la verità. La confusione è derivata dall’identificazione, almeno inizialmente, della figura dello scienziato con quella del filosofo. Tale identificazione ha fornito poi il pretesto in epoche recenti per accomunare scienza e filosofia della scienza, facendo confusione fra chi usa la zappa per coltivare l’orto e chi fa discorsi sul significato e il valore della zappa. Oggi il valore euristico di un qualsivoglia metodo di ricerca, per uno scienziato, è solo funzionale al risultato della scoperta e non certo alla ricerca della verità o all’asservimento al paradigma di turno. La filosofia della scienza rappresenta spesso un campo per intellettuali che conoscono poco la puzza dei laboratori e che sanno poco o niente dei problemi degli scienziati.

In tutto questo contesto il pensiero paralogico e delirante rimangono sussunti all’interno del corpo sociale e ne rappresentano una costante storica.

Intendiamoci, non c’è nulla di male di per sé nel delirio, esso può essere l’epifenomeno di una malattia psichica, oppure come accennato un’attitudine del pensiero umano. Il problema nasce quando un tale pensiero assume una rilevanza tale da indurre a comportamenti aberranti e pericolosi, come quelli che rifiutano le terapie convenzionale contro il cancro e costringono i governi a dare credito a ciarlatani in buona e cattiva fede.

Tornando all’omeopatia, una volta screditato l’empirismo ingenuo del dottor Hahnemann, i seguaci dell’omeopatia non sono affatto scomparsi e per nulla scoraggiati hanno atteso pazientemente che emergessero nuove scoperte le quali potessero supportare le loro convinzioni con un background più solido e un aggancio scientifico più moderno. In definitiva il problema non è la ricerca della verità o di qualcosa che ci somigli, bensì l’affermazione delle proprie credenze aldilà di ogni discorso sull’evidenza. L’aiuto è giunto da un immunologo d’oltralpe, il Dott. Benveniste, il quale in un lavoro pubblicato su Nature nel 1998, affermò di aver dimostrato la proprietà dell’acqua di conservare la memoria di sostanze con le quali era venuta precedentemente a contatto, conservandone anche gli effetti terapeutici. Abbiamo già esaurientemente trattato l’affaire Benveniste in un post precedente e non mi dilungherò nei dettagli. È sufficiente dire che anche questa teoria è stata screditata aldilà di ogni ragionevole dubbio, sebbene l’entusiasmo degli omeopati fosse stato a mio avviso, in ogni caso, del tutto immotivato. Seppure la teoria si fosse dimostrata valida, infatti, da ciò non ne sarebbe conseguita una reale attività terapeutica dei preparati omeopatici, ma solo il principio che l’acqua conserva memoria, e non si sa quanto a lungo, di una determinata sostanza con la quale è venuta precedentemente a contatto. La dimostrazione della presunta attività dell’antianticorpo IgE messa in evidenza da Benveniste, riguarda infatti quel singolo caso specifico e non si presta a generalizzazioni. Ad ogni buon conto, nemmeno il discredito di questa ennesima teoria è stato sufficiente a far capitolare gli omeopati ed anche in questo caso sono spuntate altre teorie ancora più suggestive delle precedenti a soccorso dei seguaci del Dott. Hahnemann. Citiamo fra tutte quella di due scienziati italiani, due fisici, Giuliano Preparata ed Emilio Del Giudice, studiosi ben addentro a fenomeni complessi come la fusione fredda e le onde gravitazionali. Del Giudice e Preparata sostengono la teoria della “coerenza dell’acqua” in base alla quale, passando incessantemente da uno stato eccitato ad uno stato di base e poi di nuovo a quello eccitato, le molecole di acqua emetterebbero dei fotoni, fenomeno che ricorderebbe il comportamento dei fotoni nel caso di un raggio laser. In pratica secondo questa teoria il solvente acquoso risulterebbe “attivato” dal preparato omeopatico e dalle successive succussioni, generando una energia peculiare attiva anche quando ogni molecola del preparato iniziale non è più presente a causa dell’estrema diluizione. L’energia in questione sarebbe alla base dell’effetto dei composti omeopatici. Questa fantasiosa teoria è stata messa in crisi da molti fisici ed in particolare da Gianfranco Rocco dell’Università La Sapienza di Roma, che hanno tutti allo stesso modo segnalato un errore di fondo nella stessa teoria, in quanto l’acqua ha una probabilità molto minore di trovarsi spontaneamente nello stato eccitato rispetto a quello fondamentale e non sarebbe possibile una sua altalenante inversione da una condizione all’altra. Lo stesso Del Giudice sembra abbia recentemente ammesso l’errore e non parli più di fotoni sebbene insista nell’affermare che il concetto di fondo della proprietà dielettrica dell’acqua rimane. Come gli è stato fatto notare, però, questa proprietà non richiede l’ausilio di cervellotiche teorie che fanno ricorso alla fisica quantistica, sono sufficienti le teorie tradizionali per spiegarla.

Tempo fa ho avuto modo di discutere di questi argomenti in un sito famoso di sinistra e sono rimasto colpito dal credito che i pasdaran dell’omeopatia davano agli studi di questi due scienziati, ridicolizzando chiunque non avesse letto i loro lavori e tagliando di netto ogni contestazione che prescindesse dalla conoscenza del verbo di Preparata. Ora, è evidente che non tutti possono perdere il loro tempo per documentarsi su ogni oscura teoria di scarso impatto, per il semplice fatto che nessuno, tranne alcuni scienziati molto pazienti, che dedicano il loro tempo a contrastare fenomeni irrazionali, è motivato a farlo, visto che l’omeopatia non ha mai dato nessuna prova concreta della sua efficacia e che il mondo accademico è unanimemente concorde nel considerare l’omeopatia soltanto un ottimo placebo. L’opposizione a questa osservazione è scontata: il fatto stesso che il mondo accademico sia concorde in maniera compatta sull’omeopatia, è la dimostrazione della sua cattiva fede. Come è stato già affermato da più parti il sottofondo paranoicale dei cultori delle medicine alternative esclude ogni possibilità di argomentazione, dato che qualsiasi lavoro o studio che smentisca la credibilità delle medicine alternative è di per se la riprova dell’inganno delle case farmaceutiche guidate unicamente da interessi legati al profitto. Inutile sottolineare che questi interessi esistono davvero, ma gli sforzi di Big Pharma non sono certo concentrati a screditare fandonie che si screditano di per sé. Supporre che ci sia una congiura internazionale per nascondere al mondo questa panacea universale rappresentata dall’omeopatia è francamente assurdo, considerando il fatto che il fatturato dell’omeopatia non è affatto trascurabile e che esistono ovviamente anche le multinazionali omeopatiche.

Al di là di interessanti quanto impervie dissertazioni sulla fisica quantistica e sull’elettromagnetismo, vorrei sottolineare alcuni concetti chiave che a mio avviso rendono l’omeopatia e le medicine alternative in generale per nulla credibili.

Il primo punto riguarda l’idea appunto di un fronte compatto, capeggiato dalle multinazionali del farmaco, che cospirerebbero contro le medicine alternative. Quello che i fanatici di tali pratiche ignorano o fingono di ignorare è che questo fronte è in larghissima parte costituito, nelle sue articolazioni medio basse, da un ceto politico sociale, e sottolineo politico, che forma l’ossatura di quel ceto intellettuale o General Intellect o cognitariato che dir si voglia, il quale rappresenterebbe il nuovo soggetto politico, frutto della società post-fordista, che è portatore di istanze radicali di cambiamento. Per farla breve, la nuova classe su cui la prassi rivoluzionaria dovrebbe fare perno. Lino Rossi ed altri accaniti sostenitori di Preparata e Del Giudice, convinti assertori della teoria del complotto, si stupirebbero nel conoscere la percentuale di votanti e simpatizzanti della cosiddetta sinistra radicale presente fra i ricercatori e gli addetti alla ricerca, e guarda caso sono proprio questi soggetti che portano avanti ricerche sul piano statistico-epidemiologico che gettano discredito sull’omeopatia. La metanalisi di Lancet, prestigiosa scientifica medica che ha dimostrato dati alla mano l’inconsistenza dell’omeopatia in tutti quegli studi condotti con metodi rigorosi, non è stata certo portata avanti dai colletti bianchi di Big Pharma, ma da ricercatori che ingrossano le file del General Intellect odierno. Sono tutti venduti, tutti seguaci della dottrina del profitto?

Il secondo punto riguarda la curiosa rincorsa degli alternativi a nuove teorie che di volta in volta siano in grado di supportare le loro credenze, ogniqualvolta le precedenti crollano come birilli.

Non voglio dilungarmi oltre su tematiche che si addentrano in maniera troppo specifica in terreni complessi come quello della fisica dei quanti, vorrei solo far notare un fatto che salta agli occhi: la teoria inizialmente espressa da Hahnemann si basava sul concetto, come ho già evidenziato, del similia sumilibus curantur, e cioè una parte infinitesimale di quella sostanza che produce sintomi nel sano può curare gli stessi sintomi nella persona malata. Ora, dal momento che abbiamo appurato che i preparati omeopatici non contengono nulla, se siamo omeopati convinti dobbiamo dedurre che il Dott. Hahnemann abbia fatto la classica scoperta per serendipity, cioè a dire ha scoperto accidentalmente, partendo da ipotesi rivelatesi errate, un principio poi risultato valido ed in grado di supportare la sua teoria. Vi sembra credibile tutto ciò? A me non lo sembra affatto, soprattutto perché appare molto improbabile che le varie teoria sull’acqua si accordino poi con tutto l’insieme della teoria di Hahnemann, la quale difficilmente può essere scomposta in singoli tronconi indipendenti. Come concorda la teoria dell’acqua con quella dei miasmi o delle varie tipologie costituzionali con relativi rimedi omeopatici ? Non è strano poi che il Dott. Hahnemann con l’idea delle succussioni abbia incidentalmente trovato il sistema per dinamizzare l’acqua, che guarda caso si dinamizzerebbe proprio sottoponendo i contenitori a quei determinati movimenti verticali? E perché infine proprio quei rimedi dovrebbero funzionare in base alle predette teorie e non altri? In conclusione, l’idea della rincorsa alla spiegazione che disvela ciò che gli infedeli si rifiutano di vedere, da’ il senso del totale rovesciamento della logica più elementare, che esigerebbe che la scoperta venga prima dell’enunciazione dei principi.

Il terzo ed ultimo punto riguarda a mio avviso il carattere di fissità dei principi che sono alla base dell’omeopatia. Come ha fatto giustamente notare il Prof. Dobrilla, la scienza medica si evolve continuamente e determinate certezze o ipotesi ritenute alla base di certe malattie sono smentite da nuove scoperte. Il Prof. cita il caso dell’ulcera duodenale, attribuita per anni quasi esclusivamente all’aggressività dell’acido cloridrico prodotto in eccesso dallo stomaco e/o alla diminuita capacità difensiva della mucosa duodenale, secondarie allo stress. In pratica una malattia psicosomatica. Oggi con la scoperta del ruolo ulcerogeno dell’Helicobacter pylori abbiamo scoperto una causa che sta portando alla quasi totale estinzione delle patologie ulcerogene e delle sue complicanze. Ebbene, vent’anni dopo questa scoperta, di questa rivoluzionaria acquisizione non c’è traccia nella letteratura omeopatica e i rimedi continuano ad essere gli stessi. Questo fatto di per se sarebbe da solo sufficiente a dimostrare l’infondatezza dell’omeopatia. Teorie statiche non sono adatte alla scienza, che per definizione si evolve di continuo e il cui sapere, sebbene per alcuni versi sia cumulativo, procede su una linea discontinua, che comporta spesso la negazione ed il superamento delle fasi precedenti. 

Allergie ed Intolleranze Alimentari tra mito e realtà

I test diagnostici “alternativi” per le allergie ed intolleranze alimentari:

dal mito e la fantasia alle evidenze scientifiche

di *Saverio Nenna da docvadis

Il cibo: fonte di piacere e di allergie/intolleranze alimentari.
Nei paesi occidentali l’allergia alimentare coinvolge il 5-6% dei bambini sotto i 3 anni e circa il 2% degli adulti, il ruolo centrale dell’alimentazione nella vita dell’individuo rende ragione delle gravi ripercussioni fisiche e psicologiche che tale patologia può indurre.

Allergie alimentari: il mito.
Negli anni recenti la manifestazione intolleranza-allergia alimentare sta seguendo un trend in aumento e l’autodiagnosi popolare di “allergia alimentare” spinge molti pazienti affetti da svariate sindromi, poco o nulla correlate agli alimenti, a richiedere frequenti ed inopportune consulenze allergologiche. Tale convinzione coinvolge anche operatori sanitari, determinando richieste di indagini allergologiche non validate per patologie non correlabili all’allergia alimentare come l’obesità, l’orticaria cronica, la cefalea, la sindrome della fatica cronica, disordini neuropsichiatrici, malattie del connettivo, mentre paradossalmente si sottostima il ruolo rilevante che l’allergia alimentare gioca in situazioni cliniche gravi come l’anafilassi da esercizio fisico.
E’ diventata molto popolare anche l’autodiagnosi di “allergia agli additivi chimici” ed i Servizi di Allergologia “Ufficiali” vengono a contatto con una presenza sempre più notevole di pazienti, che riferiscono molteplici sintomi, inclusi disordini alimentari comportamentali che gli stessi pazienti attribuiscono ad un’“allergia a fattori ambientali” e particolarmente “ad additivi chimici”. Ulteriore elemento di confusione diagnostica è rappresentato dal fenomeno di un sempre più frequente ricorso da parte dei pazienti a “Diete alternative” e tests diagnostici “alternativi” che si propongono di identificare con metodiche diverse dalle tradizionali i cibi responsabili di “allergie o “intolleranze alimentari”. Spesso la diagnosi di allergia-intolleranza alimentare è condotta in strutture non specialistiche, a volte non mediche (farmacie, sale di estetica), con tests diagnostici fantasiosi e metodi non convenzionali ed è spesso piuttosto difficile convincere il paziente che le metodiche attuabili in un Servizio di Allergologia non sono sovrapponibili a quanto già eseguito in altri tipi di Ambulatori (e di cui il paziente spesso desidera una sorta di conferma “ufficiale”).

Allergie alimentari: la realtà delle evidenze scientifiche.
La distorsione tra le aspettative popolari ed i riscontri obiettivi é ben evidenziata dai risultati di 2 importanti studi epidemiologici (anche se datati) condotti sulla popolazione generale, i quali hanno dimostrato che la prevalenza delle reazioni avverse a cibi é molto bassa e che esiste una notevole disparità tra coloro che attribuiscono i loro svariati sintomi all’allergia e/o intolleranza al cibo ed il reale riscontro di tale circostanza. In uno studio condotto in Olanda su 1.483 pazienti (1), sintomi di assunzione di cibo erano riferiti dal 12,4% degli intervistati, ma poi sono stati confermati, mediante test di assunzione controllata del cibo sospetto in condizioni di doppio cieco contro placebo (DBPCFC), solo in 12 soggetti (0,8%). Analogamente in Inghilterra su 7.500 soggetti (2), a fronte di anamnesi positiva per allergia/intolleranza a cibo nel 19,9% degli indagati, si verificava una reazione positiva al test DBPCFC solo nell’1,8%. Tale netta divaricazione tra aspettative e riscontri scientifici ha indotto l’Accademia Europea di Allergologia ed Immunologia Clinica (EAACI) a formulare una serie di Linee-Guida e Documenti tendenti a posizionare correttamente il ruolo clinico e la diagnostica delle Allergie Alimentari. E’ stato valutato il livello di evidenza scientifica che giustifica un nesso causale tra allergia alimentare ed alcune affezioni, in cui è stato ipotizzato un suo ruolo eziopatogenetico. Sono state, altresì, prese in esame diverse metodiche alternative, spesso utilizzate per la diagnostica dell’allergia/intolleranza alimentare (Tab. 1). Si è constatata l’insufficienza o la totale assenza di evidenze scientifiche che ne raccomandino l’impiego nella diagnostica clinica. Queste metodologie diagnostiche alternative sono risultate inaffidabili, non riproducibili e prive di evidenze scientifiche. La letteratura relativa é solo descrittiva e costituita da studi non controllati, mentre la loro reale efficacia non é stata mai documentata, ma supportata solo da casi aneddotici, non suffragati da oggettivi dati scientifici.
  

Test Diagnostici Alternativi
per le Allergie Alimentari
Razionale/Metodica Evidenze Scientifiche
Test di citotossicità linfocitaria L’allergene alimentare viene aggiunto a sangue intero o a sospensione di leucociti e si valutano la riduzione del numero delle cellule o le alterazioni cellulari (citolisi). NO
ALCAT test

Versione automatizzata del test citotossico: è basato sulla lisi-modificazione del diametro dei leucociti dopo contatto con il cibo NO
Test di provocazione e neutralizzazione sottocutanea e sublinguale Somministrazione per via intradermica (o sublinguale) di estratto e valutazione di eventuali reazioni (qualsiasi tipo di sintomatologia). La neutralizzazione consiste nella somministrazione dello stesso estratto dopo la comparsa di una positività del test. La sintomatologia dovrebbe regredire con tempo di latenza analogo a quello dello scatenamento. NO

DRIA-test
(si ispira sia al test di provocazione che alla kinesiologia applicata)
La somministrazione sublinguale dell’estratto è seguita da una valutazione della forza muscolare per mezzo di un ergometro. Il test è considerato positivo quando compare una riduzione della forza muscolare entro 4’ dall’apposizione sublinguale.

NO

Kinesiologia applicata all’allergia alimentare Il paziente tiene in una mano una provetta di vetro contenente il cibo sospetto, con l’altra spinge contro la mano dell’esaminatore che attua una misurazione manuale, soggettiva, della forza muscolare (mano, braccio o gamba)

NO

EAV Test (ElettroAgopuntura di Voll) VEGA test, Sarm test, Biostrengt Tests elettrici e loro varianti: piccole quantità di alimenti vengono interposte tra la persona e gli apparecchi: poi si misura una micro-corrente elettrica lungo i meridiani classici dell’agopuntura cinese o altri canali.

NO

Biorisonanza Misurazione di onde elettromagnetiche emesse dal paziente esposto al cibo sospetto NO
Hair analysis Analisi del capello per identificare un’eventuale intossicazione da metalli pesanti NO

Tab. 1. Alcune metodiche diagnostiche alternative non validate per l’allergia alimentare.

Conclusioni:
Metodologie diagnostiche alternative inaffidabili e la percezione di insicurezza per il ricorso sempre maggiore a cibi non naturali (preconfezionati, ricchi di additivi, derivanti da modificazione genetiche) aumenta nell’opinione pubblica la quota di quanti attribuiscono all’allergia alimentare patologie per cui le evidenze scientifiche invece sono scarse o nulle, peraltro non confortate da rigorose evidenze scientifiche. Ciò ha contribuito ad alimentare una diffusa opinione che l’allergia alimentare possa essere il “camaleonte della medicina”, in grado potenzialmente di spiegare patologie estremamente diversificate e che ancora non hanno trovato una sicura eziologia. L’esistenza di un’imbarazzante distanza fra il sospetto clinico-anamnestico e la sicura conferma diagnostica con il test in doppio cieco vs placebo (attualmente considerato il test diagnostico più valido e sicuro) è stata ampiamente documentata. Pur con i limiti tuttora esistenti, la diagnostica dell’allergia alimentare basata sulle evidenze scientifiche rappresenta lo strumento più affidabile per rispondere alle esigenze del paziente e contrastare approcci diagnostici scorretti, che sono alla base di diete inutili, incongrue e potenzialmente in grado di indurre danni fisici o di rafforzare disturbi del comportamento alimentare in soggetti a rischio. Rilevante é anche la potenziale pericolosità di alcuni tests alternativi in grado di scatenare reazioni anafilattiche in soggetti particolarmente suscettibili.

Bibliografia:
·   Altman D, Chiaramonte LT. Public perception of food allergy. J Allergy Clin Immunol 1996; 97: 1247-51.
·   O’B Hourihane J. Prevalence and severity of food allergy – need for a control. Allergy 1998; 53 (Suppl. 46): 84-9.
·   Metcalfe D et al.: Food Allergy: adverse reaction to foods additives- Blackwel Science, Inc 1997.
·   Terr AI. Controversial and unproven diagnostic tests for allergic and immunologic diseases. Clin Rev Allergy.
·   American Academy of Allergy: Position Statements – controversial techniques. J Allergy Clin Immunol 1981; 67: 333.
·   Breneman JC et al. Final report of the Food Allergy Committee on the sublingual method of provocative testing for diagnosis of food allergy. Ann Allergy 1974; 33:164
·   American College of Physicians. Position Paper: Clinical Ecology. Ann Intern Med 1989; 111: 168.
·   Bruijnzel-Koomen et al.:.Adverse reaction to food. Position paper of the European Academy of Allergy and Clinical Immunology. Allergy 1995; 50: 623-635.
·   Ortolani C. et al. Position Paper: Controversial aspects of adverse reactions to food. Allergy  1999; 54: 27.

*Dott. Saverio Nenna
Dirigente Medico
Ambulatorio Allergologia ed Immunologia Clinica
U.O. Medicina Interna – Ospedale di Andria – ASL BT

Il medico che vuole curarti con una madonna nella vagina

da Giornalettismo

Gabriella Mereu e le sue strane teorie alternative: “L’origine delle malattie siete voi, potete salvarvi da soli” 

Credere che si possa guarire da una cistite inserendo nella vagina una medaglietta della Madonna e andando poi a messa non è da tutti. E di certo non tutti i medici immaginano di poter consigliare una simile terapia per risolvere un problema fisico senz’altro serio. Eppure persone del genere esistono davvero. E quando però le due specifiche categorie si incontrano, nascono e si sviluppano le strane teorie di una medicina alternativa che assomiglia davvero tanto alla magia.
L’ANORESSIA E IL CONFLITTO SANTA-PUTTANA – Gabriella Mereu, laureata in medicina e chirurgia, odontoiatra ed omeopata, è una dottoressa che va in giro per l’Italia a spiegare la “terapia verbale” ed altri metodi per arrivare all’”autoguarigione”. Ciò che afferma è quanto meno discutibile. Quello della Mereu è un bizzarro attacco contro la medicina tradizionale “che non funziona” e “che devasta con la chirugia ed intossica con i farmaci”, e “alla sterile ricerca scientifica promossa dalle case farmaceutiche”, “propagandata in lungo e in largo” ma che spesso – dice il medico – non arriva all’obiettivo, come nel caso degli studi sul cancro avviati 50 anni fa. I colleghi, diventano, così, “schiavi delle multinali farmaceutiche”. E che c’è gente che ci crede ciecamente. Sulla pagina Gabriella Mereu Fans di Facebook, nata dopo il raggiungimento di 5mila amici del profilo personale della dottoressa, vengono esposti passo passo tutte le posizioni della sua medicina alternativa. “La causa della crisi di panico è quasi sempre un intrappolmento affettivo”, ha scritto la Mereu. Per “restituire la mascolinità ad un ragazzo” bisogna fargli “strizzare i testicoli da un uomo della stessa autorità ed età del padre”. Mentre “la causa della bulimia e dell’anoressia e il vizio di mangiare ficcarsi due dita in gola e vomitare è dovuto al conflitto Santa – Puttana”. “Se mangi con piacere e ingrassi sei una puttana, se ti punisci per aver mangiato e dimagrisci sei Santa”, ha spiegato la Mereu.
LA TERAPIA VERBALE – Insomma per guarire da qualsiasi patologia i farmaci non servono. Basta parlare, sentire, sorridere. Ogni risposta ai malanni è già dentro di noi, secondo la dottoressa. “Sono convinta che la medicina e il medico siano solo dei veicoli e che il medico dovrebbe funzionare solo da guida, affinché la guarigione fisica si attui insieme alla consapevolezza e alla evoluzione del paziente – ha fatto sapere la Mereu dal suo sito spiegando la Terapia verbale -. La malattia è un’espressione che non fa altro che rivelare in maniera metaforica un vissuto emozionale che ha portato alla malattia stessa”. Le pagine web del medico riportano le guarigioni più significative. E ci sono tantissime persone che dicono di essere guarite con i suoi metodi.

GUARIZIONI CON LA PAROLA – Un paziente racconta di essere guarito dalla diarrea dopo aver parlato con la dottoressa. Una ragazza afferma di essersi accorta che le macchie comparse intorno ad un occhio e su una mano erano causate dal giudizio del fidanzato. Un uomo dice di essere riuscito a guarire da un forte dolore alla costola dopo aver realizzato che la parola “costola” contiene il termine “costo”, e che quindi il disturbo era causato in realtà dalle spese da sostenere per il matrimonio. Una donna racconta di due nei presenti sul pene del marito, scomparsi completamente dopo aver fatto all’uomo delle intime confessioni, così come consigliato dalla Mereu. Un’altra signora spiega di essere guarita dalla micosi alle unghie dopo cinque anni di inutili cure farmacologiche semplicemente in seguito alla decisione di andare a vivere da sola abbandonando la casa dei genitori, soluzione ovviamente indicata dalla dottoressa Mereu. Una mamma dice di aver fatto guarire la sua bambina da un male all’orecchio dopo aver sussurrato alla piccola “Chi ti dà fastidio sentire? Cosa ti dà fastidio sentire?”. Ovviamente tutto è da dimostrare. Eppure c’è una folla che s’infiamma.
TRA SEGUACI ED IRONIA – Alla lettura degli assiomi i seguaci inviano complimenti e ringraziamenti per il lavoro. Si sprecano le accuse alla “medicina ufficiale”. “Se funzionasse gli ospedali dovrebbero essere vuoti e le persone sane, invece accade esattamente il contrario”, scrive ad esempio Elisabetta. “La medicina ufficiale non ha fatto passi in avanti, se non nell’inventare più farmaci inutili”, aggiunge qualche altro. Altri utenti del social network, però, fanno ironia. E insultano: “Lei è una vecchia pazza e visionaria”, sentenzia Michela. Mentre Francesco invia una lettera in cui racconta, scherzando, di aver dovuto – per adempiere alla prescrizione medica – strappare i capezzoli dell’anziana donna gridando contemporaneamente “Via Padre Pio”. Le battute da trolling si sprecano anche sul caso della medaglietta da inserire nella vagina per guarire dalla cistite, il metodo di guarigione esposto dalla Mereu in un convegno organizzato a Marano Vicentino che ha sconcertato il pubblico presente e imbarazzato i politici della città. Quando la Mereu su Facebook sottolinea di essere stata denunciata non dal sindaco di Marano vicentino ma da un medico presente che in sala avrebbe fatto finta di approvare le teorie esposte, Valentina esclama: “Wow, che gli verrà? Un cistone marrone sul naso?”.

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SENZA MEDICINE – Le teorie della dottoressa Mereu verranno a breve illustrate lungo tutto lo stivale. L’11 marzo sarà a Brescia, il 14 aprile parlerà a Nuoro, il 6 maggio a Modena. Il calendario e ricco. Il pubblico curioso che riempirà le sale congressi riceverà grossomodo questa spiegazione ai propri acciacchi: “L’origine delle malattie siete voi. Informatevi come fare per conoscervi e per curarvi da soli, gli strumenti ci sono, non avete scuse. Tutto il resto è aria fritta”. Le donne in platea, forse, si sentiranno ripetere che “si ammalano per colpa degli uomini”, così come la dottoressa spiegò qualche anno alle signore che la scoltavano a Montegrotto Terme (Padova). La storia continua. La Mereu oggi sul web racconta così la sua esperienza:

Io per i miei problemi di salute faccio riferimento solo a me stessa. Per esempio se mi sta spuntando un mal di testa è sempre dovuto al fatto che sono stanca o arrabbiata per aver avuto una discussione o ho mangiato male. La mia unica medicina preventiva è coltivare buone relazioni, fare i tibetani, avere un lavoro che mi appassiona, e non intossicarmi con gli alimenti. Prendo continuamente i fiori di Bach.

In effetti, non dovrebbero fare male queste cose.

Chiropratica: uno sguardo d’insieme

Cos’è?

La chiropratica punta alla diagnosi e cura dei disturbi alle ossa, alle articolazioni e ai legamenti attraverso la loro manipolazione, prestando un’attenzione particolare ai rapporti tra struttura e funzione e a come questi rapporti proteggono dalle malattie.

Il termine chiropratica, coniato da un paziente nel 1896, deriva dal greco e significa “fatto con le mani”. Le analogie e differenze tra la chiropratica e l’osteopatia, un’altra medicina complementare o alternativa, sono state sempre motivo di controversia. C’è chi le considera sostanzialmente analoghe, ma i professionisti delle due discipline le descrivono in modi molto diversi.

Secondo il National Center for Complementary and Alternative Medicine statunitense (NCAM), l’osteopatia sembra porre un’attenzione particolare alle malattie del sistema muscolo-scheletrico nella convinzione implicita che tutti i sistemi del corpo lavorino insieme e che i disturbi di uno si riflettano sul funzionamento degli altri.


Com’è nata?

Le tracce iniziali di terapie assimilabili all’attuale chiropratica sono sparse un po’ dovunque lungo i sentieri delle prime grandi civiltà dell’uomo. Se ne fece uso ai piedi delle piramidi, sulle sponde del Tigri e dell’Eufrate e così pure in India e in Cina. Ne ritroviamo traccia alla fine dell’Ottocento quando le tecniche manipolative manuali vennero rivalorizzate. 

La nascita della chiropratica si fa risalire all’opera dello statunitense Daniel David Palmer che effettuò il primo intervento del genere nel 1895, sembra per curare la sordità di un uomo, Harvey Lilliard. Dato che risultati altrettanto lusinghieri vennero in seguito su altri pazienti, Palmer cercò una spiegazione per tutto questo, elaborò una dottrina e aprì un centro di cure, il Palmer Infirmary and Chiropractic Institute, nello stato dell’Iowa.

La nuova terapia in ogni caso era destinata a incontrare una ostilità diffusa. Tranne che in Germania, stentò a lungo prima di approdare sotto l’ombrello di una qualche ufficialità e negli Stati Uniti la sua diffusione fu combattuta per anni dalla autorità tanto che quanti la praticavano rischiavano il carcere, fino a quando non arrivò una forma di riconoscimento ufficiale. Dietro questa opposizione ufficiale c’era quella violenta dei medici che non riconoscevano alcun valore terapeutico alla proposta di Palmer, mentre ne mettevano in risalto i rischi, probabilmente con un’enfasi eccessiva.


Può essere efficace?

Un problema generale nel valutare la chiropratica è che i praticanti sono divisi in gruppi con differenze significative così che un’affermazione valida per gli uni può non essere valida per gli altri:

  • un documento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) osserva che in genere sono trattati con chiropratica, osteopatia e altre tecniche di manipolazione, i disturbi legati a ossa, muscoli, tendini e tessuti molli, ossia disturbi come lombalgie acute e mal di schiena, dolori alla schiena associati a dismenorrea e mal di schiena, dolori al collo, problemi alle articolazioni. Anche il documento Oms non sembra andare oltre la registrazione di un fatto. Non testimonia l’efficacia contro questi disturbi, una dimostrazione indiretta che non ci sono prove attendibili dell’efficacia di queste cure.
  • Il Nacm sostiene in modo ufficiale che “non ci sono dati controllati che provino l’effetto curativo di terapie fisiche passive”.
  • In un editoriale della rivista American Academy of Neurology, pubblicato nel 2003, i neurologi Linda Williams e Jone Biller hanno sottolineato che non ci sono prove dell’efficacia curativa delle cure manipolative.

Come funzionerebbe?

In genere la chiropratica si basa sulla manipolazione vertebrale, intesa come correzione, per la quale sono indispensabili studi, abilità ed esperienza; si tratta di un approccio diverso dalla mobilizzazione vertebrale. Quest’ultima indica il movimento assistito, alla fine dell’escursione massima di un’articolazione, nel quale è possibile operare entro i limiti fisiologici. Oltre questa escursione passiva, ancora fisiologica, si incontra una barriera di resistenza elastica, dovuta alla presenza, all’interno dell’articolazione, di una pressione minore di quella atmosferica, una circostanza che favorisce la coesione e la compattezza dell’articolazione.

Se le superfici articolari sono separate improvvisamente con forza, oltre la barriera elastica, si produce un rumore simile a uno scatto ed è quanto succede con la manipolazione. Dato che un’ulteriore forzatura dell’articolazione sarebbe solo dannosa, sostengono molti professionisti della chiropratica, la manipolazione dev’essere effettuata con una spinta veloce e ben graduata, con una forza calibrata al punto tale da essere sufficientemente energica per superare la barriera elastica, ma non troppo forte da superare le superfici articolari al di là del limite della loro integrità anatomica.

D’altra parte, sull’idea stessa di chiropratica e sul suo possibile meccanismo d’azione esistono forti divergenze. Il fondatore della chiropratica, Palmer, era del parere che il 95 per cento delle malattie fosse dovuto ad una sublussazone della spina dorsale e le restanti ad una lussazione della ossa in altre parti del corpo. Per questo, una parte di chiroterapeuti manipola la spina dorsale con la convinzione che se, come spesso accade, il problema è un dolore continuo alla schiena, allora la risposta necessaria è una manipolazione della colonna fatta a regola d’arte perché è qui nella colonna la genesi di ogni male.

I gruppi rimasti fedeli a questa dottrina, però, rappresentano una minoranza che – a parere degli altri, che amano definirsi “spinologi” ovvero “esperti in spina dorsale” – hanno un’idea acritica dell’insegnamento di Palmer e della chiropratica in genere. La NCAM, costituita di recente negli Usa, oltre ad essere più rispettosa delle regole della scienza e dei diritti dei malati, rigetta alcuni principi ispiratori della chiropratica tradizionale che – sostiene – ragionava in termini “teosofici”, non scientifici.


Presenta dei rischi?

Nel rapporto “Le medicine non convenzionali”, pubblicato dalla Camera dei Deputati nel 1991, gli autori sostengono che “i farmaci antiinfiammatori e le manovre manipolative costituiscono i cardini della terapia dell’artrosi cervicale e dato il discreto numero degli effetti collaterali dei primi e l’assoluta innocuità delle seconde, queste ultime hanno raggiunto negli ultimi anni una notevole importanza”. Se l’importanza sul mercato è un dato di fatto, l’innocuità è più presunta che reale:

  • In un rapporto curato dall’associazione dei chiropratici svizzera nel 1981, per esempio, era segnalato che un riesame degli studi condotti fino ad allora aveva portato alla luce 135 casi complessivi di complicazioni gravi causate dalla chiropratica, in 18 casi mortali. Problemi legati a cause diverse, per esempio al fatto che il dolore vertebrale nascondeva una malattia più seria dell’artrosi e che la robusta manipolazione del chiropratico non aveva che peggiorato la situazione. L’eventualità è stata confermata in seguito più volte.
  • Secondo l’OMS va posta un’attenzione particolare al fatto che i trattamenti non siano praticati in caso di fratture, lesioni gravi e osteoporosi (una malattia molto comune tra gli anziani). Così come è importante che gli operatori abbiano ricevuto un addestramento adeguato.
  • Secondo l’associazione di difesa dei consumatori statunitense National Coalition Against Health Fraud (NCAHF) «la mancanza di visione scientifica dei chiropratici li ha portati a violare il principio base d’Ippocrate: “Primo, non far male”. Le loro convinzioni che un vantaggio per la spina dorsale porterà ad un miglioramento generale li porta a operare sulla spina dorsale in modo inappropriato. Una delle manovre risultate più pericolose è la rotazione improvvisa del capo risultata fonte di trauma, paralisi, ictus, e morte. D’altra parte, considerata la grande richiesta di cure efficaci per problemi della colonna e così pure il fatto che i tre quarti di persone sottoposte a cure del genere ottiene un qualche giovamento, potrebbe esserci spazio per la chiropratica».
  • Uno studio pubblicato nel 2003 sulla rivista American Academy of Neurology ha risposto all’obiezione mossa dai chiropratici che spesso il loro intervento rappresenta solo la circostanza in cui si manifesta una malformazione o una malattia preesistente.
    Lo studio ha dimostrato che la terapia, di per sé, aumenterebbe il rischio. Di circa sei volte secondo l’editoriale di commento che conclude: “il sia pur piccolo rischio di ictus o dissezione supera il vantaggio curativo per le persone con dolori al collo”.

Qual è il mercato attuale?

La chiropratica ha avuto un’accoglienza diversa nei vari paesi. Si stima che negli Usa ci siano 24 mila operatori che, secondo l’American Chiropractic Association, avrebbero fatto, nel 1983, 135 milioni di visite su 9,8 milioni di persone. In Europa e in Italia in particolare mancano dati ufficiali, ma la chiropratica sembra molto meno diffusa, anche se aumentano le persone che vi ricorrono.


A cura di Stefano Cagliano
Ospedale Civile San Paolo, Civitavecchia

© Il Pensiero Scientifico Editore

Cambiò terapia tradizionale con ayurvedica. Medico accusato di omicidio volontario

da Repubblica

BOLOGNA – Un medico bolognese è stato accusato di omicidio volontario per la morte di un bambino di sei anni affetto da fibrosi cistica. E’ la prima volta che un giudice porta alla sbarra un dottore per un reato così grave: generalmente l’imputazione è omicidio colposo. Ma questa volta l’accusa sostiene che il medico sapeva che interrompere la terapia tradizionale e sostituirla con erbe medicinali come vuole la medicina ayurvedica, avrebbe portato alla morte il piccolo paziente.
Il medico bolognese nega: “Quando si sono rivolti a me – ha spiegato al giudice – i genitori del bimbo avevano già interrotto la terapia tradizionale perché il trattamento a base di cortisone e antibiotici, oltre a debilitare il bambino, non portava né miglioramenti né benefici”.
“Abbiamo deciso di mutare il capo di imputazione – ha spiegato il pm Valter Giovannini – dopo aver riletto le testimonianze di altri pazienti, con patologie meno gravi, a cui il medico aveva sospeso le terapie tradizionali. Siamo convinti che il dottore, sospendendo la terapia tradizionale, ha accettato il rischio che si potesse verificare l’evento morte”.
Era il settembre 2005. I genitori del bambino (prima indagati ma poi prosciolti) erano venuti a conoscenza della medicina alternativa praticata dal medico bolognese tramite un’erborista. Fino ad allora, il figlio era nelle mani dei medici di un centro specializzato di Verona. Ma i risultati erano scarsi e il bimbo continuava a soffrire. Nella disperata ricerca di qualcosa che potesse alleviare le sofferenze a cui la malattia aveva condannato il loro bambino, i genitori consultarono il medico bolognese che prescrisse erbe e polveri minerali, confezionati – legittimamente – dalla moglie che ha un’erboristeria.
Sperando che potesse giovare alla salute del bambino, la famiglia si trasferì pure dalla montagna al mare, da Cavalese, in Trentino, a una località balneare in provincia di Teramo. Ma dopo nove mesi le condizioni del piccolo non erano cambiate. Anzi, erano molto peggiorate. Quando i genitori decisero di portare il bambino al pronto soccorso era ormai troppo tardi: morì tra le braccia della madre.

La fibrosi cistica è una malattia genetica devastante che attacca gli organi interni, dal polmone al pancreas, fino al fegato e all’intestino, ma una consulenza fatta fare dalla Procura di Teramo, sostiene che “in un caso come quello, il bambino avrebbe potuto sopravvivere per altri 30 anni”.
Per competenza giuridica, l’inchiesta è passata da Teramo, ultima residenza del bambino, a Bologna, dove è iniziata la terapia ayurvedica e dove risiede il medico imputato di omicidio. Oggi l’udienza preliminare, la modifica del capo di imputazione da colposo a volontario e il rinvio del dibattimento al 10 dicembre.

Alternativa cercasi

Giulietto Chiesa accusa Di Pietro di avergli rubato il termine “Alternativa”, come se io accusassi Di Pietro di avermi rubato il termine “oggi fa freddo”. Non pago se la prende con Vendola perché con Di Pietro, reo di aver boicottato la commissione per i fatti di Genova, di essere favorevole alla base di Aviano, all’alta velocità e ad altre nefandezze, ha abbracciato De Luca, candidato governatore della Campania.

Parlo di Giulietto Chiesa, a mo’ di esempio, ma potrei parlare di tanti altri, come Barnard o alcuni rifondaroli, i quali alla stessa maniera ritengono che l’alternativa sia la ricerca di purezza a “360 gradi” e l’attenzione ossessiva alle “discriminanti essenziali”.
Molte menti fine di questo paese sono convinte di aver trovato soluzioni brillanti sul come realizzare un’alternativa a questo regime marcescente, ma si presentano nel peggiore dei modi: affermando cioè che gli altri, cioè quelli che come loro parlano di alternativa, sono solo dei traditori o quantomeno  personaggi ambigui e in malafede. Le accuse rivelano una malcelata pretesa di primogenitura del marchio ambito di salvatore della patria e, perdonatemi la malizia, una visione paranoica del mondo coniugata a un’inconfessabile passione per il potere. Miserie umane.
Neanche a me piace il Travaglio filoisraeliano, il Di Pietro appassionato dell’Alta Velocità e dal realismo politico formato famiglia, che fa il paio con quello infiorettato di barocchismi di Vendola. Il fatto è, e lo abbiamo già ripetuto in migliaia di modi diversi, che qui non si tratta di affermare una weltanschaung su un’altra, con annessi corollari e principi dottrinari, ma di trovare quei punti di convergenza comuni che pongano come prioritaria la ricostruzione di un patrimonio di regole condivise, la sconfitta della mafia e di un regime fascista e xenofobo. Domani, potremo anche scendere in piazza contro i favori a Israele del sottosegretario alla difesa Travaglio, gli eccessi giustizialisti del ministro della Giustizia Di Pietro o le incertezze nel tutelare l’autenticità del caciocavallo pugliese del Ministro all’agricoltura Nichi Vendola. Oggi però è indispensabile sbarazzarsi di un pericolo grave che richiede uno sforzo comune e una maturità psicologica di persone adulte e in grado di separare le motivazioni personali del proprio agire da quelle che riguardano l’interesse generale.

Come la maggior pare dei cittadini a me interessano poco le dinamiche di corrente o di partito e meno che meno i personalismi e le discriminati universali. M’interessa principalmente poter coltivare l’illusione di un cambiamento che per quanto adombrato da dubbi e contraddizioni segni un passo indietro rispetto al baratro che abbiamo davanti e un passo in avanti verso uno spazio dove l’aria sia meno fetida.

I mulini ad acqua di ComeDonChisciotte


acqua
L’ACQUA DI DIO

di Franco Cilli

Nei giorni scorsi ho partecipato a un’acceso dibattito sulle medicine alternative, su un sito di sinistra piuttosto famoso: Comedonchisciotte, che per certi versi apprezzo e stimo. Sono stato tacciato di essere un aristotelico impenitente, oltrechè di essere un ignorante e un presuntuoso, da chi si proclamava degno erede di Galileo. La discussione verteva prettamente sull’omeopatia e sull’ultimo ritrovato dei seguaci più o meno acculturati di questa pseudoscienza: la “memoria dell’acqua”. Mi riprometto di scrivere un post più ricco e dettagliato sull’argomento quando farà meno caldo. Vorrei solo mettere in rilievo un parallelo che mi è venuto in mente ed è quello con l’intelligent design, l’ultima trovata dei credenti di estrazione anglosassone della religiome dell’unico Dio. Quando i credenti hanno capito che il buon San Tommaso e il buon Sant’Anselmo non erano più sufficienti a convincere un mucchio di persone dell’esistenza di Dio, hanno pensato di fare un upgrade della loro strumentazione obsoleta e si sono inventati la teoria dell’intelligent design, che pur essendo solo una teoria totalmente campata in aria, era sufficiente a dare un nuovo impulso a una religione che appariva come un astro in via di raffreddamento.Visto che la scienza non può spiegare tutto, ecco pronta una teoria, che grazie alla non onnipotenza della stessa, rimette in sella il vero onnipotente per eccellenza: Dio.
Una cosa analoga stanno facendo i cultori dell’omeopatia: dato che qualcuno si è accorto che un tale Avogadro aveva fatto una scoperta che riduceva ad acqua fresca i preparati omeopatici e l’empirismo ingenuo del povero dott. Hannemann appariva un tantino sbiadito, gli omeopati si sono attaccati al concetto fresco fresco e molto accattivante di memoria dell’acqua, cioè a dire che per quante siano le succussioni di un dato preparato omeopatico, l’acqua, benchè ormai totalmente priva di molecole di quel preparato, conserverà memoria dello stesso grazie alla memoria di legame dei suoi atomi di idrogeno e di ossigeno. La storia è molto interessante e comincia con lo scienziato francese Benveniste negli anni ’80, che affermò di essere riuscito a dimostrare l’esitenza di questo fenomeno misurandone gli effetti. In pratica Benveniste prese un antianticorpo(anti IgE) lo diluì a diluizioni omeopatiche (cioè a dire eliminando totalmente la sua presenza dal preparato)) e dimostrò (credette di dimostrare, a mio avviso) che malgrado il procedimento di  diluizione i granulocitoi basofili degranulavano a contatto con tale preparato, liberando istamina.
Nature,
prestigiosa rivista scientifica e massima rappresentante della scienza ufficiale, accettò di pubblicare l’esperimento, ma pretese un protocollo rigido e la supervisione fra gli altri di James Randi, grande illusionista e cacciatore di fandonie. I risultati furono ovviamente molto deludenti. Gli epigoni dell’acqua intelligente, però non si diedero per vinti ed oggi (non so che risonanza abbia nel mondo accademico, credo zero), viene fuori un fisico, Roberto Germano che ha scritto “Aqua”, un libro dove dati alla mano il concetto di memoria dell’acqua verebbe riproposto e dimostrato aldilà di qualsiasi dubbio. Confesso che ho appena sfogliato questo libro, ma non è questo il punto. Il punto è, come ho cercato di spiegare nelle discussioni avute, che il problema non ha niente a che vedere con la fisica quantistica, la calorimetria, la conduttività o quant’altro. Il problema ha a che vedere con l’efficacia dell’omeopatia, la quale è tutt’altro che dimostrata: ammesso che esista qualcosa di vagamente definibile come memoria dell’acqua, chi mi dice che quel determinato composto di cui l’acqua conserva memoria sia realmente efficace? E perchè l’acqua conserva memoria solo di quelle sostanze e non dello sciroppo di menta che ho preso al bar o della purga che mia nonna ha preso nel ’23?
Una follia. Una follia anche perchè i fedeli dell’acqua tendono a mettere tutto nello stesso calderone: le cure naturali contro il cancro (guerra ala chemioterapia), le amalgami dentali, i vaccini che sono pericolosi e inutili, i chelanti per il mercurio per guarire i bambini autistici e quant’altro. Il tutto condito con una visione paranoica della realtà che vede congiure della “scienza ufficiale” ad ogni angolo di strada. Intendiamoci, io detesto Big Pharma, ma la canea che gli alternativi provocano serve solo ad occultare i veri problemi che stanno dietro la ricerca stessa, cioè lo scorretto utilizzo della metodologia, la manipolazione dei risultati, l’asservimento a logiche di profitto. Affermare queste cose non vuol dire però di conseguenza che l’irrazionalità deve sostituire la razionalità del metodo, imperfetto sì, perfettibile sì, inquinato sì, da logiche estranee al bene comune, ma infinitamente migliore del pensiero magico e delle paranoie degli “alternativi”. Qui il problema, in definitiva non è il metodo scientifico, il problema è che quelli che lo conoscono bene, spesso lo usano malamente.

DOPPIOCIECO

Per una Razionalità Moderatamente Pluralista